L’amico “jukebox”, a tempo, part-time e senza benefici è una nuova evoluzione della razza umana; come il cibo take-away soddisfa le esigenze di molte donne.
Potremmo esserlo anche noi? Ecco come difenderci, buona lettura!
La genesi
Un amico a tempo pieno costa molto, sia in termini di tempo che di investimento affettivo. Devi ascoltarlo, volergli bene, chiamarlo a casa tua per consolarlo, fare delle uscite con lui, vedere dei film, andare a cene… e chi ha tutto questo tempo??!!
Nell’era moderna dove tutto è take-away, usa e getta, dove le emozioni e i sentimenti hanno la durata di un trailer al cinema compiere un investimento simile è troppo oneroso e dispendioso.
Meglio quindi avere un amico jukebox: inserisci le monetine e lui, al bisogno, ti consola, ti abbraccia, ti dedica una canzone, ti porta fuori per una, due, tre, quattro sere (in base ai buchi nella tua agenda) e finita lì. Poi se ne riparla il prossimo mese, anno o era geologica, chi può dirlo? L’importante è che sia a portata di mano, come un kit d’emergenza tappabuchi.
I sintomi
Di solito il soggetto ospitante, la vittima, è un uomo mentre il beneficiario è una donna, piacente/attraente di solito. Usa il suo potere per ottenere tutto ciò che vuole, compresa un’amicizia a gettoni, che le permette di non dover uscire da sola e avere sempre un cavaliere al suo fianco. Le frasi che inducono sospetti nella vittima sono pressapoco queste: vederci 1/2 volte al mese è più che sufficiente, mi faccio viva io eh?, sai io ho anche altre compagnie, amici, cugini e cognati a cui render conto… e amenità simili.
Sul fatto che una persona sia popolare e abbia schiere di amici (sulla loro veridicità e attendibilità indagheremo in seguito) è una cosa bella e positiva; sul fatto che questa persona ci consideri un oggetto d’arredamento da chiamare una tantum per darci il contentino no.
Se sei un mio amico/a credo che dovresti fare spazio nella tua vita come io l’ho fatto nella mia no? Io ti ho aperto le porte di casa, del mio cuore, della mia anima per uscire con te ed esserci anche nei momenti più oscuri, più buii, quelli in cui molti si dimenticano dove sei e ti lasciano sprofondare nei tuoi problemi, anche a costo di vederti annegare.
Torniamo ai sintomi: un altro elemento riconoscibile che possiamo utilizzare come cartina tornasole è quante volte veniamo invitati spontaneamente dall’altra persona. Se gli inviti spontanei sono inesistenti potremmo essere vittime incosapevoli di questa tipologia di servizio, che ricorda l’amico con benefici (o scopamico) ma senza quest’ultimi.
La prognosi
Purtroppo per una falsa amicizia non esistono false soluzioni che possano appianare tutto questo. Se è solo un periodo o un momento temporaneo ci può stare: non fa piacere ma si può andare incontro alle esigenze dell’altra persona, se esiste un rapporto duraturo che vi lega. Ma se deve diventare una condizione stabile, personalmente, io lascerei perdere, non ne vale la pena.
Pensateci: quali saranno le condizioni successive? Stipuliamo un contratto dell’amicizia, simile a quello tra coinquilini che hanno Leonard e Sheldon in The Big Bang Theory? Dobbiamo pianificare sul calendario quando vederci, a che ora, quante coccole e abbracci possiamo darci, il tempo dedicato alla conversazione futile e vuota e quello alle attività ricreative, quanti messaggi o quante chiamate posso fare in un mese, stabiliamo un piano emergenze nel caso uno dei due sia in pericolo di vita?
Mi dispiace ma io non riesco ad essere un amico a chiamata, non ne sono capace, non so come si fa. È una lingua che non conosco, è un pianoforte che non so suonare, è un sistema di cui non ho lo chiave d’accesso.
Non sopporto di uscire con una persona per avere il contentino o per compassione, figuriamoci se posso trasformarmi in un jukebox. Ci vediamo, inserisci due o tre monetine, ti racconto qualche storiella, ti abbraccio, tu mi dai una pacca sulla spalla e siamo a posto così? Non credo.
Con i miei amici condivido i miei sogni, paure, incubi, gioie, emozioni, speranze, ricordi, passioni…
Non è uscire insieme perché non si sa cosa fare, è vedersi per stare insieme, per raccontarsi, per crescere insieme e sentirsi meno soli davanti ai bastoni che la vita ci pone davanti quotidianamente. E sapere di poter contare su quelle tre, quattro persone che tengono veramente a te.
Tutti gli altri amici (o presunti tali) sono gli amici da pizzeria: ci sono per mangiare, bere e quando hanno bisogno di te. Poi evaporano come il trucco del mago, si dissolvono in una nuvola di fumo per tutto il resto dell’anno.
Come si reagisce davanti ad una situazione simile? Cercando di mettere le cose in prospettiva, di vederle da lontano… Uscire con altre persone, fare delle camminate nella natura, chiudere gli occhi con Enya nelle orecchie e lasciarsi andare ai propri pensieri.
E capire, dopo aver sgombrato la mente, chi è importante per noi e quanto valga la pena lottare per averlo nella nostra vita.
Perchè, alla fine, di questo si tratta: accumulare le pietre per costruire il castello dei nostri ricordi, mattone dopo mattone, con le persone che contano davvero per noi. Solo questo.
Buona vita
Marco
Commenti su: "Amico jukebox" (3)
Hai fatto una bella analisi,bravo! L’amico a chiamata non riesco neanche a considerarlo amico, forse solo una specie di conoscente.L’amicizia va coltivata, deve essere costante, il resto è nulla.
O tutto o niente 🙂 non puoi vivere le emozioni a metà.
Vero!👍