Una tastiera come tavolozza, la fantasia come tela

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Star Wars ritorna al cinema con uno spin-off diretto da Howard: ne vale la pena? Buona lettura!

La trama

Prendendoci una pausa dalla saga principale andiamo ad indagare le origini di Ian/Han Solo (periodo 18-24 anni): l’amore giovanile, la fuga dal suo pianeta Corellia, la scoperta di Chewbecca, il gioco d’azzardo clandestino per ottenere il Millenium Falcon (e la mente del robot che gli conferisce l’anima), il prezzo dell’uranio impoverito su Iridium e così via.

Il film

Premetto che non sono un fan sfegatato come Stuart di Big Bang Theory, che conosce a memoria ogni singolo dettaglio degli 8 film usciti finora (questo è il nono).
Tuttavia devo riconoscere che, una volta seduto in sala, ho iniziato a sentire una piacevole sensazione: oltre a non cadere appisolato dai combattimenti continui a suon di esplosioni, mi sono divertito.

Il motivo è semplice: mi sono divertito, appassionato e ho mantenuto la mia presenza vigile perché questa pellicola riprende lo stile, il calore e la dolcezza della trilogia originale degli anni ’70.

Gli attori, per motivi anagrafici e fisici, sono delle new entry ma diretti in modo eccellente da Ron Howard (Apollo 13, Rush, Sully per citarne alcuni) hanno potuto offrire il loro meglio.

La trama non diventa melensa, gli scontri sono calibrati e dosati allo stretto necessario, i dialoghi non puntano ad un’ironia forzata imperante come la tendenza attuale propone (vedi i film sui supereroi, trasformati in siparietti comici).

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Il play set qui illustrato potete acquistarlo anche sul Disney Store italiano (è un’esclusiva, non si trova altrove)

Il momento in cui ci si sbellica dalle risate è la scelta del cognome: chi pensava che Solo rappresentasse un motivo di elezione (pensiamo a Matrix: ci si riferisce costantemente al prescelto), una predestinazione naturale al salvataggio della galassia sbaglia.

Solo, come scopriremo guardando il film, ha un’origine molto più concreta e banale se vogliamo, ma efficace ai fini comici della storia.

Il grande amore che lo guida lo accomuna ai miti greci, una sorta di Ulisse che combatte per anni per diventare il miglior pilota e, ovviamente, poter tornare a casa dalla sua bella a Corellia.

Concludendo

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La commozione giunge sovrana: finalmente, dopo una serie di film spara tutto e spara lesto con attori che, diciamolo pure, avevano la credibilità di un creme caramel, possiamo riassaporare il piacere di una storia scritta e diretta con il cuore.

I modi garbati, gentili e rassicuranti di Ron Howard ci accompagnano, con la curiosità di un bimbo nel suo primo negozio di balocchi, alla riscoperta di un universo magico, popolato da creature misteriose e da grandissimi ideali.

Scoprire che, sotto sotto, Han Solo era un ragazzaccio che cercava di ribellarsi all’impero, dimostra (nel caso ce ne fosse bisogno) che un’alternativa è sempre possibile e i sogni possono realizzarsi.
Rimane equivoco il ruolo della ragazza di Solo: tanto innamorata di lui ma, decisamente, più innamorata del potere e del comando, da quanto si evince sul finale.

Ron Howard ha dimostrato, in modo eccellente, come raccontare una bella storia servendosi della tecnologia attuale, anziché abusandone come i suoi predecessori nei capitoli precedenti.

In attesa di vedere altre piccole perle come questa, ve lo consiglio caldamente. La magia di Star Wars è tornata!

Voto: 9/10

Marco

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