Una tastiera come tavolozza, la fantasia come tela

Made in Italy

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Ligabue ci riporta in sala: vediamo se ha ancora “qualcosa da dire”. Buona lettura!

Trama

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Enrico, detto Rico (a Correggio devono abbreviare i nomi, non chiedetemi perché) è addetto all’insaccamento delle mortadelle da 30 anni.

Tra un salume e l’altro non perde occasione per intrattenersi con una collega di lavoro, mentre a casa lo aspetta la moglie (Kasia Smutniak) e il figlio.

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Il venerdì sera è dedicato agli amici, a qualche scazzottata, risse con coltelli e questioni importanti come l’aumento dello spread.

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La crisi di coppia, il suicidio di un amico, la perdita del lavoro porteranno Rico ad una decisione drastica.

Il film

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Ligabue, pur essendo un cantante, se la cava bene anche come regista: ha un occhio pulito, preciso e fortemente emiliano per raccontare storie della nostra terra, fatta di sudore contadino e maiali in libertà.

Battute a parte lui cerca sempre un argomento alla base del film: nel primo le radio libere e la strage dell’eroina, nel secondo la giovinezza perduta, nel terzo (Made in Italy) il precariato italiano e la rivalsa sociale.

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L’approccio metodico e la scelta di vari attori talentuosi (anziché, come successo in passato, gente presa dalle miniere e messa a recitare con la tarantella) conferisce al film un respiro serio, preciso, impostato.

Alcuni elementi ricorrono spesso: il suicidio di un caro amico, i piani sequenza alla Sorrentino per mostrare vari esempi di umanità emiliana, l’accento emiliano e le battute secche, gli sguardi e i silenzi di chi ha sofferto troppo.

Il dramma del precariato, la disoccupazione dopo 30 anni di servizio è un tema molto delicato. La stessa Veroni ha preso le distanze dalle politiche aziendali mostrate nel film, specificando che nella realtà sono differenti (dipende se in bene o in male, ndr).

Questi temi fanno arrabbiare gli italiani, indignare i giovani e provocano frustrazione: la musica di Ligabue, le scene trattate con lo stile dei “piccoli quadri” come nei film precedenti (unite e intrecciate sapientemente con un filo invisibile) rendono il film piacevole.

Non annoia, non stanca e tutto rimane gradevole, scorrevole, fluido ed emozionante.

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Ovviamente, trattandosi di un film di Ligabue, l’ironia trova sempre spazio: ecco come il padre di Enrico agisce da chiave comica, passando da uomo compatito ad un patito delle donne, con un solo pensiero fisso in testa.

L’attore riesce a trasformare il momento drammatico in comico, stupendo lo spettatore e tagliando la tensione creata con la catena di eventi precedente.

La grande bellezza

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In questo film la fotografia ha ricevuto un notevole balzo di qualità: inquadrature in piano sequenza (panoramiche senza interruzione, ndr), quadri e scene che ricordano Tornatore e il Tinto Brass dei tempi d’oro, giochi di luci e specchi che riflettono le emozioni dei protagonisti sostituendo le parole.

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Un occhio rinnovato, una camera che gira a 360 gradi innalza il livello del film, offrendo fotografie perfette in molti momenti della pellicola.

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Il multietnico

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Rispettando le nuove tendenze troviamo anche il lato multi-etnico: e via alla cena con gli indiani, dove l’apertura e lo scambio culturale regnano sovrani a tavola e nessuno impreca… per il troppo caldo o perché il cibo sta scappando da tavola con le patate, per esempio.

Concludendo

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Rispetto ai film precedenti compare qualche “musicarello” in più: le canzoni di Ligabue sono protagoniste e, in alcuni momenti, il film si trasforma in un mini videoclip di cui avremmo fatto volentieri a meno.

Concluse queste “scene pilotate” si torna al film, diretto con rigore e sguardo preciso. Approccio interessante, stringe l’occhiolino ai grandi maestri (Sorrentino e Tornatore) senza rimanerne impigliato, ma sfruttando sempre la chiave comica emiliana e una riflessione agrodolce dopo le scelte dei protagonisti.

La fotografia ha il ruolo principale: il livello si alza rispetto alle due pellicole precedenti, definendo uno stile sobrio e spartano.

Il commento sonoro poteva essere più eterogeneo, come nei film passati: qui la musica del Liga trova maggiore spazio, rimanendo comunque un contorno rispetto alla storia che si snoda abbastanza fluidamente.

Merita sicuramente una visione, un altro film indovinato per Ligabue. Bravo!

Voto: 8/10

Marco

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