Una tastiera come tavolozza, la fantasia come tela

Casinò – Scorsese

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Un grande cast posizionato all’interno di un casinò: dalle stalle alle stelle e viceversa. Buona lettura.

La trama

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Sam “Asso” Rothstein (Robert De Niro) è un asso delle scommesse e viene invitato a Las vegas per “depurare” i suoi peccati e ripulire la sua anima, come un confessionale in chiesa.
Nicky Santoro (Joe Pesci) è un pericoloso malavitoso, noto per furti in appartamenti e ruberie varie ma soprattutto grande picchiatore.
Viene chiamato a risolvere i problemi che la famiglia di mangiaspaghetti non riesce a sbrogliare in altro modo.


Ginger McKenna (Sharon Stone) è la femme fatale che gravita intorno al loro mondo, contribuendo a mandare tutto a scatafascio: droga, soldi e sesso porteranno il loro magico mondo nel baratro, mostrando ai capoccia siciliani il perché non si possa affidare un casinò a dei ragazzi di strada qualunque.

Il film

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Nonostante Scorsese volesse cambiare genere il pubblico chiedeva a gran voce un altro film mafioso a Scorsese: 3 ore di puro intrattenimento firmati da uno dei maestri del grande cinema.
Con lo stesso cast de Quei bravi ragazzi Scorsese ci riprova 5 anni dopo sfornando Casinò, una storia di gioco d’azzardo, droga, sesso con un retrogusto di mafia siciliana e mandolino.

Nonostante potrebbe essere definita una continuazione (il dubitativo è d’obbligo, visto che il personaggio di Joe Pesci muore nel primo film), il film vira sul mondo dorato dei casinò, quando una gestione artigianale e semi-mafiosa permetteva “confidenza, ospitalità e riguardo per gli ospiti”, secondo la voce narrante che ci accompagna per tutto il film.

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I ruoli rimangono pressoché invariati: De Niro come abile gestore e supervisore della situazione, Joe Pesci come picchiatore duro, spietato e sanguinario, pronto a far fuori il nemico armato soltanto di una stilografica.

L’accompagnamento musicale è ricco e ben assortito: come tema portante ritroviamo Contempt/Theme de Camille (Georges Delerue), il tema struggente che incornicia il film di Godard Le mepris (Il disprezzo).
Tuttavia il film riesce farci ballare per altri motivi (e lo fa per ben 3 ore, un vero record): esplosioni, colpi di scena e tradimenti si susseguono grazie ai tre personaggi sopra descritti. Un continuo alternarsi di menzogne, interessi e fughe della realtà grazie all’abbondante polvere bianca che compare su specchi e tavolini ad ogni piè sospinto, segno della decadenza a cui stavano andando incontro.

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Nicky Santoro, per quanto potesse far comodo ai capi come risolutore di problemi, era un cane pazzo senza controllo. Asso aveva il problema della loro amicizia, per cui se Nicky faceva scomparire qualcuno automaticamente l’attenzione ricadeva su entrambi. Una licenza mai ottenuta, una donna pericolosa che vola di fiore in fiore ubriaca e strafatta, un povero assetato di ricchezza e cazzotti.

Pur non riuscendo a mantenere la perfezione dei bravi ragazzi qui Scorsese propone un piccolo gioiello, con attori in stato di grazia e con una vena comica mal celata dietro a molti episodi.
Se infatti il racconto mafioso di Francis Ford Coppola è preciso, analitico e didascalico in alcuni punti, grazie all’interpretazione magistrale di Marlon Brando e di un giovane De Niro, Scorsese gioca. E lo fa bene.

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Quei bravi ragazzi + Casinò sono film scanzonati, fatti per divertire, dove esplosioni e colpi di scena adrenalinici rompono la tensione e aiutano a proseguire fino alla fine della pellicola.
La mafia di Scorsese vive di piccoli personaggi comici come, nel caso specifico, Artie Piscano (Gigi Reder), un fruttarono che spiffera i nomi di tutto e tutti ai quattro venti, registrando tutto su registri contabili.

Io sono contro la mafia ma i film di Scorsese riescono, nonostante la crudezza di alcune scene dove vengono raffigurati violenti e barbari pestaggi, a renderla interessante, a tratti divertente, a tratti malinconica.
L’occhio di Scorsese, il taglio inconfondibile che incornicia scene, personaggi e situazioni è un marchio di fabbrica inimitabile, sinonimo di garanzia.

Concludendo

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Una delle perle miliari del cinema con cui ho imparato ad amare Scorsese.

Una regia decisa, una redenzione solo per il personaggio principale mentre gli altri ricevono la giusta punizione per ciò che hanno combinato in vita.
Scorsese gioca a fare Dio con i propri personaggi, rendendoli vivi, umani e incredibilmente vicini, anche se non li conosciamo direttamente.
La durezza di alcune scene e il tratto un po’ ruvido tipico degli anni ’90 (è uscito nel 1995) aggiunge bellezza al film, aumentando le sfaccettature e donando un senso di pace a chi, per tutta la pellicola, ha inflitto dolore e sofferenza per futili motivi.

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Sicuramente una pellicola per stomaci forti, molto bella e coinvolgente. Il tratto deciso di Scorsese rappresenta la mafia vecchio stampo, che aveva bisogno di riempire le strade di sangue per tutelarsi e sopravvivere a queste baraonde.
Il monito di Scorsese è più potente di qualsiasi ghigliottina: mostra con sguardo severo la fine che può capitare a chi decide di mischiarsi con la malavita, e lo fa senza mezzi termini.
Oggi è tutto più ovattato, più sfumato, certi eccessi se erano mal tollerati allora figuriamoci oggi.

La composizione e la fotografia completano un capolavoro; forse non all’altezza del primo ma molto vicino.

Imperdibile, consigliatissimo.

Voto: 10/10

Marco

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