Tenetevi pronti a chiamare le forze dell’ordine: arriva Cristina! Buona lettura!
La doverosa premessa
Una prosperosa ragazza (Cristina) con il padre medico, lo zio coglionazzo, la madre sempre in tailleur, il fratello uscito da Kiss me Licia e la sorella ladra e bugiarda… canta. Canta tanto.
Nel mentre, non si sa come, Cristina trova il tempo di dormire fino a mezzogiorno e di studiare medicina all’università.
Tra un disco e l’altro approfitta degli appunti di medicina provenienti da un amante segreto brutto come il colera ad Agosto (a dir la verità i vestiti sono come quelli dei suoi amichetti: il vero reato è la leccata di vacca e i fondi di bottiglia usati come occhiali).
Tuttavia molte altre sfide aspettano Cristina: ad esempio come sopravvivere agli anni ’80 superando gli scogli del buon gusto ma soprattutto del buonsenso.
Questione di sponsor
Non conta quanto uno show possa essere semplice, scritto all’impronta o girato in spazi che ricordano Piazza San Pietro a Ferragosto: lo sponsor serve sempre.
Yamaha, avendo fornito gli strumenti, pretende di essere visibile e così, ogni 5 minuti, si canta senza motivo: Cristina può essere nello spazio, salvare una vita mentre sta operando, rianimare un criceto morto…
ad un certo punto la camera stacca nella sala di registrazione e si inizia a cantare quelle sei o sette canzoni scritte per la serie.
Analizziamo la serie
Con titoli pregnanti che ci riportano alle vere tematiche della vita (qui sopra potete coglierne un fulgido esempio) in ogni puntata troviamo una porta spalancata sul mondo di Cristina, la beniamina di tutti noi.
Cristina, nonostante venga vestita con gonne lunghe fino alle caviglie e con tacchi rasoterra, merita sempre uno sguardo, è innegabile tutto ciò.
I produttori Mediaset, padroni della nostalgia canaglia, hanno quindi deciso di far uscire Cristina dall’anonimato reclutandola per una serie di telefilm “all’impronta”.
Cosa vuol dire all’impronta?
Testi scritti in cinque minuti sotto la doccia sul vetro, canzoni a rima baciata di Alessandra Valeri Manera, audio originale in presa diretta totalmente cancellato… a favore di un doppiaggio che porta un silenzio di fondo imbarazzante e uno sfasamento da qualsiasi luogo spazio-temporale presente nella serie.
Le ambientazioni sono poche, sempre per esigenze di budget: l’università, la casa, una specie di bar in una piazzetta stile Disneyland, pulita e lucidata, l’immancabile studio di registrazione con la segretaria che compie chiamate oscene nei confronti del fidanzato.
Tranquilli, l’unica cosa oscena è la durata delle chiamate: ore ed ore al telefono a spese della casa discografica.
Nella serie, va proprio detto, non manca nulla.
Come avrete letto nella doverosa premessa i personaggi sono assortiti e, possibilmente, delinquenti patentati; a ciò vanno aggiunti la tata assassina, sempre pronta con padelle e matterelli per picchiare gente innocente, il bel ragazzo di cui sopra (l’unico, zio pecorino, vestito in un modo decente) e una ventina di comparse, che saltellano senza motivo appena Cristina decide di cantare.
Gli studi (all’epoca si chiamavano teatri di posa) sono quelli della Merak Film: in modo coraggioso, infatti, questa serie offriva lavoro a centinaia di persone (tra cui, possiamo esserne certi, anche ai Carabinieri).
Oltre a tutte le aziende coinvolte per gli allestimenti dei set, vestiti, trucco e parrucco, come dicevamo, è difficile non chiedere l’intervento delle forze dell’Ordine quando sentiamo certi dialoghi o vediamo recitare in modo così plastico e artificioso esseri umani, non robotici.
La moda dell’epoca, a quanto pare, si basava su felpe color neon (con camicia abbinata, perché l’eleganza va sempre in coppia) con scritte in giapponese: sarebbero state da bruciare in un rogo satanico ma a quanto pare, essendo 100% acrilico, sarebbe nato un incendio di proporzioni epiche (e, ancora una volta, sarebbero intervenute le forze dell’ordine sotto forma di vigili del fuoco).
Gli anni ’80, l’amore, la divina redenzione
Anche se la qualità della recitazione rasenta livelli decenti, la trama ricorda lontanamente le sit-com anni ’50 (problema, coglionazzo, canzone, soluzione) e le canzoni, pur parlando di temi semplici, sono sempre in rima baciata per aiutare lo spettatore a pensare ancora meno… noi siamo lo stesso gentili e caritatevoli.
È facile, ad oggi, puntare il dito su queste vittime dei loro tempi dicendo che meritano il rogo: vorrei vedere voi, a recitare vestiti alla Spera in Dio sapendo di essere comunque doppiati, cantando roba che giusto alle 3 di notte può essere trasmessa. La stessa Cristina organizzerebbe un rogo di questi telefilm, non ne può più e con gli anni si è resa conto di ciò che ha fatto.
Lo capiamo, Cristina. Hai fatto ciò che dovevi al meglio delle tue possibilità, non te ne facciamo una colpa. Ti vogliamo bene lo stesso.
Potresti imbracciare un badile e noi, fiduciosi, verremmo lo stesso ai tuoi concerti, tranquilla.
Concludendo
Un prodotto nato, pensato e realizzato per il pubblico degli anni ’80: molto semplice, pulito, genuino, scritto con un’onestà dei sentimenti imbarazzante, vi dirò.
Questo telefilm ha raggiunto delle giovani menti e solo oggi ci stiamo rendendo conto delle vittime mietute.
Tuttavia, in una serata tra amici e dopo varie gradazioni alcoliche, rimane sicuramente uno spettacolo piacevole da vedere. Non serve pensare, potete subaffittare il cervello al vicino se volete.
Volendo spezzare una lancia a favore della nostra riccioluta amica è una serie amorevole: i personaggi, che sembrano usciti da un cartone dell’epoca, sono semplici, lineari, senza sfumature.
Ciò che vedi è ciò che appare realmente: lo zio non vende droga nel sottoscala, la sorella non sta meditando di mandare la famiglia sul lastrico, il fratello piccolo si veste con pigiami rosa ed è contento così, Cristina pensa davvero che i suoi amici siano innocenti e che nessuno ci stia provando con lei. Davvero!
Una serie buffa, dolce e affettuosa reperibile su YouTube, per la nostra gioia: qualche canzone, due battute e i 25 minuti della puntata volano via come un fiocco di cotone.
Un dolce viaggio nel passato: va bene l’incursione ma non vale la pena rimanerci in pianta stabile.
Una memoria storica che riscalda i nostri cuori… e va bene così.
Non servono voti.
Alla prossima.
Marco
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