Dopo Erin Brockovich torniamo ad occuparci delle nefandezze delle industrie chimiche: buona lettura!
La trama
La nostra storia inizia nel 1975, Parkersburg, West Virginia, dove vediamo operai che cercano di ripulire a notte fonda delle acque marce.
1998, Cincinnati, Ohio: un giovane avvocato Rob Bilott (Mark Ruffalo) riceve nello studio dove lavora la visita di un contadino che alleva bestiame, Wilbur Tennant.
Il contadino gli chiede di occuparsi del suo caso: un avvelenamento delle acque locali, che sta facendo impazzire le vacche del suo allevamento, portandole a scalpitare e caricare come tori da monta.
L’avvocato, all’inizio incredulo e poco convinto, con il tempo si convive che sotto ci sia del marcio e decide, d’accordo con il suo capo, di seguire la vicenda.
Era il 1998 e, ad oggi, la causa è ancora in corso.
Precedenti storici
I film d’inchiesta, come questo, suscitano sempre grandi emozioni nel mio animo: persone che dedicano (e sacrificano) la loro vita per salvare interi paesi o popolazioni… ti fa capire che stanno ambendo a qualcosa di più alto. che trascende il divino.
È difficile infatti non commuoversi con queste pellicole: come con Erin Brockovich (di cui vi parlerò a breve in uno dei miei prossimi articoli su questo blog) qui si parla della salute delle persone e, nel caso specifico del PFOA-C8 presente nel Teflon, il pentolame miracoloso anti-aderente.
Le aziende chimiche, oggi come allora, hanno un piccolo difetto: autodeterminano da sole i limiti inquinanti per le loro attività, mettendole sempre in una posizione sicura rispetto a ciò che dovrebbero fare.
In Italia il servizio di Report (RAI 3) del 02/12/19 sulla Solvay (Alla faccia del bicarbonato di sodio, disponibile su RaiPlay) la dice lunga: queste spiagge bianche, dove molti girano video musicali credendo di essere a Miami, contengono uno scarto di lavorazione tossico liberato dall’azienda stessa, che però dichiara di rispettare i limiti di legge (che lei, come negli USA, si è autoimposta).
Dietro al mondo chimico quindi, c’è del marcio che non vogliono comunicare pubblicamente.
Per fortuna che esistono avvocati (come il protagonista del film) o persone fortemente motivate (come la nostra Erin Brockovich) che non si arrendono e, a forza di collezionare stanze intere di faldoni e documentazione, riescono a mettere le aziende chimiche al muro della vergogna, obbligandole ad assumersi le proprie responsabilità.
Il film
Anne Hathaway si è rivelata una piacevole sorpresa: anche se in questo film ha un ruolo minore per una volta non si dimena spogliandosi come in Havoc Fuori controllo, non interpreta la principessina delle fate per la Disney e non parla solo di moda e vestiti come ne Il diavolo veste Prada, il film che l’ha lanciata sul grande schermo.
Interpreta finalmente un ruolo serio, mostrandoci una moglie che cerca di supportare il marito in questa crociata senza fine contro un gigante dell’industria chimica.
È bello vedere che, dopo anni di ruoli leggeri, finalmente sia comparso un ruolo drammatico da poter interpretare (anche se non batterà ovviamente il premio Oscar della Roberts per Erin Brockovich, ma il ruolo della protagonista arriverà anche per Anne, ne siamo sicuri).
Mark Ruffalo interpreta questo avvocato che, come Neo in Matrix, una volta entrato nella Tana del Bianconiglio ha spalancato gli occhi sulla verità e vuole a tutti i costi portare la causa avanti. Per aiutare le persone ad ottenere il risarcimento, per evitare che altri si ammalino, per costringere l’azienda (in questo caso la DuPont) a rispondere delle proprie porcate.
Purtroppo le cause alle aziende chimiche durano anni e in pochi riescono a vederne la fine: tuttavia anche i media hanno iniziato ad occuparsene e ora non è più il solo a combattere.
Il film è stato ispirato da un articolo pubblicato nel 2016 dal New York Times e, anche se gli eventi in alcuni punti sono stati drammatizzati per rendere il legal thriller più avvincente, ai morti e all’inquinamento ambientale ci crediamo. Quelli, purtroppo, non mentono anche se vengono infiocchettati in una veste “accettabile” per Hollywood.
Concludendo
Un film bello, dal ritmo un po’ lento ma focalizzato sulla denuncia di uno scandalo di proporzioni mondiali.
La chimica non è materia facile (e, come viene dimostrato, gli stessi governi delegano alle industrie chimiche il compito di autoregolamentarsi) ma il film ci spiega in modo chiaro e semplice gli effetti della sostanza nella vita quotidiana delle persone.
Incrementi di tumori, TIA (Attacco Ischemico Transitorio) e animali impazziti hanno scatenato nel West Virginia un vespaio che, ad oggi, non si è ancora spento.
Speriamo che queste persone possano veder riconosciuti i propri diritti grazie alla class action avviata e che, soprattutto, le aziende chimiche possano evitare lo smaltimento indiscriminato di sostanze dannose dalla lavorazione dei loro prodotti.
La chimica dovrebbe migliorare la vita delle persone, non ucciderla.
Voto: 8/10
Marco
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