Il “passo uno” di Nick Park torna a farci sognare: buona lettura!
La trama
In un cratere scavato durante l’estinzione dei dinosauri da un meteorite troviamo una valle, folta e rigogliosa.
All’interno di questo piccolo Eden troviamo uomini dell’età della Pietra, dedita alla caccia di conigli perché incapaci di organizzarsi per cacciare un mammut.
Mentre loro si beano dell’odore dei propri piedi e dell’aria che respirano arriva, a suon di marcia militare, l’età del bronzo e vengono cacciati dalla vallata.
Per riprendersela dovranno imparare un gioco sacro ai loro antenati: il calcio.
Cos’è il passo uno?
Muovendo dei personaggi in plastilina, pongo o altri materiali un fotogramma alla volta si fotografa la scena. Unendo i fotogrammi si crea la magia dell’animazione.
Richiedendo la movimentazione manuale dei personaggi è molto più facile costruirli cicciottelli e soffici, in modo da aumentare stabilità e flessibilità.
Per questa tecnica è necessaria una pazienza infinita, moltissima precisione e giorni di lavorazione per pochi minuti di girato.
Ad oggi questa tecnica è stata integrata dalla CGI (computer grafica), per facilitare le cose e rendere possibili scene troppo complesse per essere realizzate con questa tecnica.
Il film
Lo studio di Bristol (che ha celebrato 40 anni nel 2012, fondazione 1972) Aardman è celebre per la pecora Shaun, Galline in fuga e gli immancabili Wallace e Gromit.
Sono un fan dell’animazione giapponese, americana e inglese: impossibile non citare questo studio talentoso, che con una pazienza infinita realizza questi piccoli capolavori.
La storia, come anticipato nelle premessa del passo uno, è fortemente condizionata dalle possibilità tecniche dell’animazione manuale.
Per aggirare questi limiti la CGI viene in aiuto, ricostruendo tramite un software ciò che non sarebbe umanamente possibile muovendo dei personaggi artigianali.
Tuttavia sono riusciti ad estrarre un altro coniglio (è proprio il caso di dirlo) dal cilindro: la storia è fresca, divertente, molto adatta ad un pubblico giovanile.
La tenerezza dei personaggi, la cura necessaria per realizzarli e muoverli, le gag e questa preistoria “attualizzata” ai giorni nostri tramite siparietti comici crea un mix vincente.
Se, fino a qualche anno fa, questa tecnica sembrava ormai defunta in favore dei computer, ad oggi si può dire che l’unione tra computer e artigiani è riuscito alla perfezione.
La storia, come avete letto dalla trama, è semplice, immediata: non ci sono fronzoli e ci si può concentrare sugli eventi del film, che ricordano le storie di rivincita sportive tipiche degli anni ’80.
Concludendo
Pur amando la Pixar e la Disney degli anni ’90 riconosco che, cambiando nazione, è bello allontanarsi un po’ dal commerciale puro, proposto spesso dal modello americano che deve vendere gadget.
Ben vengano gli studi giapponesi e la Aardman, che parlano al cuore dei bambini (ma poi si commuovono anche gli adulti, non fatevi illusioni) con un linguaggio diverso, più genuino, più sincero.
La storia segue un binario a senso unico; tuttavia l’ironia, la fotografia e il mix delle due tecniche in modo trasparente è decisamente notevole.
Una perla da recuperare, in attesa di vedere le prossime avventure della Aardman. Bravi!
Voto: 8/10
Marco
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