La Norvegia, citando i fratelli Coen, non è un paese per vecchi: buona lettura!
La trama
Un bambino vede la propria madre annegare in un lago ghiacciato. A distanza di anni incontriamo un detective e una giovane ragazza alla ricerca di un misterioso assassino: scompaiono mamme con matrimoni infelici. Al loro posto compare, vicino all’abitazione, un inquietante pupazzo di neve.
Il film in sala
Seduti in centro a Carpi, al Corso, notiamo una certa brezza in sala: molti vanno a svegliare il montone in auto per portarselo in sala e stare al calduccio. Il minore affollamento come pubblico e le file più larghe generano quel venticello fresco che, dopo un po’, invita ad accendere un piccolo fuoco e a scaldarsi al tepore della fiamma scintillante.
In effetti anche il film è bello fresco: ambientato in Norvegia con mezzo metro di neve, è stato tratto da un famoso best-seller. Non conoscevo il regista ma mi sono fidato di Fassbender: al momento dei titoli d’apertura mi scende una lacrima quando vedo Scorsese tra i produttori, andiamo a colpo sicuro allora.
Essendo un thriller i tempi sono dosati per creare quella giusta tensione che, oltre a tenerti sveglio, ti porta man mano nella storia del film per cercare di svelarti l’assassino.
Una scrittura confusa, passata forse per troppe mani, il cambio di regista estenuante: all’inizio doveva essere lo stesso Scorsese, palla poi passata a Morten Tyldum concludendo, per sfinimento, ad Alfredson.
Ritroviamo una delle attrici francesi più quotate, Charlotte Gainsbourg, già vista svestita, sottomessa e dominante, nonché impegnata in un aborto fatto in casa, nel film di Von Trier Nymphomaniac.
Se escludiamo Fassbender, il classico detective tormentato ed infelice da una vita costellata da troppi omicidi visti in polizia, gli altri personaggi vengono appena abbozzati: verso la metà del film iniziamo a capire chi è il colpevole e, seppur rimanga la curiosità per vedere l’epilogo, il parto tormentato del film si riflette nella corsa ossessiva verso il finale.
Ancora una volta, al di là del cast stellare, ci ritroviamo davanti al solito dilemma: quanto conta la guida del regista in un film?
Conclusione
Confusione, incertezza, chiamare grandi nomi per riempire un vuoto interiore? Chi può dirlo.
Da un best-seller si cerca di spremere un film dal sicuro successo (almeno nella mente degli autori): sulla carta tutto bene, cast pluristellato e poi, dietro alla macchina da presa, sorgono le prime difficoltà. Inquadrature cartolina, una presa non troppo salda e una ricerca al sensazionalismo hanno fatto deviare l’impresa, portandola ad annegare come l’utilitaria che vediamo nelle prime scene del film.
Possiamo ipotizzare che la confusione e l’indecisione iniziale, oltre al numeroso cambio di registi, hanno scombussolato il film, rovinando l’idea originale. Il pupazzo di neve, nonostante il tentativo di renderlo inquietante, non sconvolge gli spettatori e probabilmente l’autore del best-seller starà invocando divinità apotropaiche per cercare di capire perché il suo best-seller sia stato storpiato così.
Io non ho letto il romanzo ma immagino la pletora di persone che staranno inveendo contro questa pellicola, criticando l’impoverimento dal testo originale.
A me, personalmente, non è dispiaciuta: un approccio classico dove, con una visione univoca, si poteva migliorare trama e ripresa.
Diciamo che, visto una volta, non correrò a rivederlo: una volta scoperto il colpevole, probabilmente, l’interesse svanisce ben presto. Andrà meglio la prossima volta.
Voto: 7/10
Marco
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