Una tastiera come tavolozza, la fantasia come tela

Diabolik (2021)

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Le sorelle Giussani mi riportano in sala dopo quasi due anni di astinenza. Ma ne sarà valsa la pena? Oppure è la solita carnevalata per batter cassa? Scopriamolo insieme, buona lettura!

La trama

A Clerville (una città che ricorda molto da vicino la Milano degli anni ’60) un ladro geniale sfugge alle mani dell’ispettore Ginko, qui interpretato da Valerio Mastandrea.
Tra sotterfugi e trucchi machiavellici conosciamo Diabolik e assistiamo al suo primo incontro con Eva Kant.
Eva purtroppo viene ricattata da un importante politico, che ricatta e corrompe molta gente prestigiosa.
Riuscirà Diabolik a liberare Eva dalle sue catene senza finire morto ammazzato in un vicolo con i gatti che gli girano intorno, tra le lische di pesce?

L’origine del mito
Mio zio ha una collezione di Diabolik abbastanza estesa che spero mi possa lasciare in eredità, una volta trapassato a miglior vita.

Collezionismo a parte Diabolik nasce dalla mente delle sorelle Giussani (all’inizio ciò non veniva specificato, in quanto si pensava che un autore maschile incidesse positivamente sulle vendite): volevano creare un giallo facile e comodo da leggere in metropolitana, per tutti i pendolari annoiati che avevano bisogno di riempire quel vuoto, anni prima di smartphone e suonerie imbecilli.

Dimensioni contenute, un disegno maturo e deciso, storie avvincenti e pulp per tenere viva l’attenzione del distratto viaggiatore fino all’ultima pagina.

Dall’idea originale è stata storia, tra film, fumetti e cartoni TV con la sigla di Giorgio Vanni che hanno sdoganato questo ladro affascinante, con una donna bellissima, sempre pronto a lasciare il segno qualora fosse richiesto.

Tuttavia dai fumetti al film ce ne passa; riuscire a trasmettere tutte le emozioni della carta stampata su pellicola non è facile ma io avevo intravisto un barlume di lucidità. La regia illuminata dei Manetti Bros, già ampiamente apprezzati per altre serie TV dai temi noir come l’Ispettore Coliandro

Silenzio in sala

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Tra mascherine, i controlli delle “maschere” del cinema per controllare che nessuno si fosse portato il cibo da casa (come facevano due miei amici accattoni, ingurgitando quintali di pop corn e patatine senza soluzione di continuità, con rutto finale), il trailer di Pio e Amedeo che mi ha scatenato momenti di nausea “a spruzzo”, vedere le luci spegnersi e iniziare il film è stato accolto come una benedizione dal pubblico in sala.

Il film è stata una piacevole conferma delle aspettative, un bel giallo noir all’italiana anni ’60, senza rutti e parolacce da borgata, ma diretto con stile, classe e piglio deciso.

Transizioni e tagli dell’inquadratura “a fumetto”, con la divisione in 3 dello schermo, lo split a metà e soluzioni simili ci riportano alle pagine stampante con carta povera consumate dagli avventori in metro, senza però rinunciare alla qualità di un film prodotto nel 2021.

Il film è stato realizzato seguendo le direttive base del fumetto: niente splatter con fiotti di sangue alla Tarantino, un solo pugnale, maestria ed eleganza nel colpire per ammaliare e affascinare gli spettatori fino all’ultimo minuto. Essendo ambientato negli anni ’60 alcuni trucchi sono facilmente intuibili ma mai scontati o eccessivi, sempre coerenti e credibili col personaggio.

Attori molto bravi, un Diabolik statuario e una Miriam Leone mozzafiato che regala emozioni ad ogni inquadratura, specie a noi lupetti in platea che abbiamo acquistato il biglietto per lei e per la regia dei Manetti Bros.

Concludendo
Non c’è molto da dire su un film simile senza svelare dettagli importanti delle trama, per cui il consiglio è di godervelo in sala.
Un ottimo modo per spendere 9 euro, anziché vedere Pio e Amedeo denudarsi senza motivo sfoggiando una lingua sconosciuta ai più.

Fotografia che strizza l’occhio al fumetto mantenendo il rigore e la serietà necessari, commento musicale discreto che supporta l’insieme, attori molto calati nella parte che non fanno rimpiangere le baracconate della Marvel, ma si calano in un contesto realistico e avvincente.

Un piccolo gioiello italiano da recuperare, adatto a fan e neofiti come me, per leggere una storia importante del fumetto italiano.
Consigliatissimo.

Voto: 9,5/10.

Marco

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