A 33 anni dalla sua uscita (1989) celebriamo uno dei capolavori di Tornatore, premiato con l’Oscar e vincitore a Cannes. Buona lettura.
La trama
Sullo sfondo di un piccolo paesino siciliano del dopoguerra troviamo un buffo bimbo di nome Totò, appassionato e dedito al mestiere del proiezionista nel cinema paesano. Nonostante i pericoli, gli stenti e gli ostacoli rimarrà il suo amore per tutta la vita, fino al ritorno in patria per un evento importante legato a un personaggio a cui era molto legato.
Il film
I personaggi sono tratteggiati con un amore e una cura difficili da individuare in altre pellicole, sono “vivi” e lo percepiamo costantemente, dimenticandoci che non sono i reali protagonisti della storia ma attori molto bravi.
Lo scenario siciliano regala scene e inquadrature da presepe, piccoli quadri che scandiscono il film con la lentezza tipica di quelle terre.
Il ritorno del regista affermato alla terra natale è in realtà un viaggio dentro se stesso, dentro alle sue paure, emozioni e questioni irrisolte lasciate sopite con l’arrivo a Roma, alla ricerca di fortuna e fama.
È il racconto (quasi) autobiografico di Tornatore, un atto d’amore verso una terra meravigliosa con personaggi memorabili: tra questi ricordiamo con affetto il bigliettaio zoppo e analfabeta (Leo Gullotta), il proiezionista amorevolmente scontroso Alfredo (Philippe Noiret) che prende Totò sotto la sua ala come se fosse un figlio, il matto del paese che grida che la piazza è sua, Spaccafico (Enzo Cannavale) che restaura il cinema e ne diventa proprietario, portando una ventata di novità ad anni di “oscurantismo clericale” (citando Peppone) e censure (di cui i baci tagliati che raccoglie Alfredo ne sono una chiara dimostrazione).
Tornatore riesce a farci sorridere sfruttando i vari caratteristi all’interno del film: il signore che dorme a tutte le proiezioni e viene sbeffeggiato dai ragazzi del paese, il prete che si alza a metà proiezione intimando: “Io non guardo film pornografici!” solo per aver visto una schiena femminile nuda e il rapporto affettuoso tra Alfredo e Totò, pieno di battute sagaci e pungenti tutto giocato sulle differenze reciproche.
Memorabili anche le corse in bicicletta per portare da un paese all’altro le bobine con i vari tempi del film in proiezione.
Le musiche di Morricone ci cullano e accompagnano scena dopo scena, in modo garbato ed elegante, aggiungendo una vena romantica e nostalgica che rende il film semplicemente un capolavoro.
Oltre a qualche dettaglio “piccante” sulla sessualità degli adolescenti siciliani nella versione integrale del 2007 approfondiamo (grazie alle scene tagliate re-inserite) la storia tra il regista e il suo grande amore, utile per una comprensione globale del film.
Conclusione
Non è mai facile recensire un capolavoro ma credo che questa pellicola possa essere definita l’Amarcord di Tornatore, il suo ritorno alle origini. Dopo l’insuccesso iniziale (nessuno lo andò a vedere, tranne che a Messina) dovuto probabilmente alla durata (173 minuti), Tornatore decise di tagliarlo ma le cose andarono anche peggio. Ritirato dal Festival di Berlino venne proposto a Cannes, dove ricevette la consacrazione definitiva, oltre all’Oscar come miglior film straniero nel 1989.
I tempi perfetti, sia nel comico che nel drammatico, una fotografia “chirurgica”, musiche magistrali e personaggi interpretati magistralmente rendono questa pellicola un patrimonio dell’umanità, un atto d’amore sincero e spontaneo verso la Sicilia e il cinema, nella sua essenza più pura.
Voto: 10/10 con lode
Marco
Rispondi