Virzì torna al cinema con il suo primo film 100% anglofono. Vediamo i risultati. Buona lettura!
LA TRAMA
Una coppia di anzianotti prende il camper nel garage, fucile incluso, e senza dire nulla ai figli parte per un viaggio alla ricerca della casa di Hemingway.
I figli, una volta scoperta la fuga, sono pronti a chiamare la Guardia Nazionale, i pompieri e la croce rossa ma vengono fermati dalla premurosa madre.
In questo viaggio, oltre a trarre le somme della loro vita tra tradimenti e perdite di memoria, troveranno anche la loro dimora eterna.
IL FILM
Virzì, abbandonati da tempo i porti di Livorno e gli attori in erba, si affida a due “pensionati” collaudati nella sua prima regia 100% inglese. Il nonnetto protagonista (Donald Sutherland) è il miglior amico di Geoffrey Rush ne La migliore offerta di Tornatore, gli altri attori sono meno noti ma non per questo meno importanti.
All’inizio del film il primo pensiero è: ecco il solito filmato su vecchi assatanati di lussuria e di riscoperta dei giorni senza catetere.
In realtà migliora minuto dopo minuto: io avevo la lacrima sempre pronta, nel senso che i miei vicini di casa hanno vissuto un’esperienza simile ed è stata molto dura.
Nel film la protagonista ha un tumore al collo mentre il marito, ex professore di letteratura, sa citare tutti i romanzi di Hemingway ma non ricorda il nome della moglie, dei figli, non sa dove si trova.
Tra comicità e furti a mano armata, inseguimenti al rallentatore da parte della polizia e parrucche per nascondere la chemio impariamo a conoscere questa coppia, dai modi gentili, di altri tempi.
Infatti i nostri protagonisti si sono fermati agli anni ’70: camper di famiglia Leisure seeker (cacciatore di guai), proiettore con dispositive annesse, vecchi tappeti come pavimento per il pranzo… palme e incontinenza si avvicendano, in un mix agrodolce che rapirà facilmente il cuore degli spettatori.
Il finale, per quanto dolce e romantico, è spiazzante: non abbiamo idea dei loro reali intenti per tutto il film e ciò accompagna lo spettatore verso un finale inaspettato, intenso, alla Dr. House diciamo così (musiche struggenti, piani sequenza e voce narrante fuori campo).
CONCLUDENDO
Ottima fotografia, meravigliose location, commento musicale garbato e non invadente (le musiche sono del fratello Carlo Virzì, ndr); la dimostrazione che il cinema italiano può raccontare storie meravigliose, quando è libero di riprendere e girare il film senza la mentalità italiana.
Purtroppo infatti molti registi girano all’estero perché in Italia vige il motto “gira prima che puoi, se la qualità si abbassa fa lo stesso”.
Negli States il concetto è “gira con calma, ma il risultato dev’essere eccellente”.
La qualità, nel cinema, batte sempre la quantità e questa storia ricca di sentimenti ed emozioni lo testimonia.
Un dolce abbraccio ci conduce alla fine del film, talmente bello che non sembra italiano, ve lo giuro.
Opera bellissima, consigliato.
Voto: 9/10
Marco
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