Torniamo nel mondo di Monsters & Co: buona lettura!
La trama
Ian Lightfoot, sedicenne timido e impacciato, vive nell’eterno ricordo del padre, isolandosi socialmente e massacrandosi nelle sue memorie.
Barley Lightfoot, fratello di Ian, è l’esatto opposto: sempre pronto a dire la sua, ad abbuffarsi e a lanciarsi in avventure scavezzacollo.
La grande passione di Barley per maghi, dungeon e misteri porterà A a vivere nuove avventure strabilianti, per ridare forma ad un padre che non ha potuto conoscere.
Silenzio in sala
Se vi siete commossi come vitelli guardando In viaggio con Pippo (o rimanendo in tema Pixar Il viaggio di Arlo), una bellissima storia padre-figlio destinata all’home video, non potete lasciarvi sfuggire questa rivisitazione del tema in chiave Pixar.
Il film, pur mantenendo una certa allegria legata al rapporto tra i due fratelli e alle bricconate combinate dall’esilarante coppia, ha un tema di fondo molto pesante e complicato: gestire la morte del padre.
Un tema così profondo che, quando Disney dovette affrontarlo con Il Re Leone, dovette scatenare Timon e Pumbaa sotto steroidi e anfetamine per non provocare pianti a dirotto a metà film.
Io ho la fortuna di avere un padre presente (e, soprattutto, ancora vivo) ma per chi deve crescere con questa mancanza è molto dura, non oso immaginare quanto.
Mio padre non è un boscaiolo che passa il tempo a costruire casette di legno o il grande businessman che non si ricorda dei nomi dei figli (se ne ha): è una persona semplice, molto presente che c’era non solo quando era importante, ma anche in tanti bellissimi momenti corollari della vita.
Nel film vediamo un padre a metà, rappresentato da un paio di gambe che si dimenano a destra e manca.
Una raffigurazione che, siamo sicuri, incarna in parte anche i valori Disney, dove i padri sono i grandi assenti: tutti zii, nonne e nipoti, i parenti di primo grado sono scomparsi tutti misteriosamente.
Tuttavia, anche se nell’aria aleggia l’allegria di un cervo morto a Natale, Pixar riesce a deliziarci con un film impeccabile (come sempre) dal punto di vista tecnico ed emotivo.
La sinossi, come avete visto, è semplice: un road movie con due fratelli che cercano di «ricostruire» il padre, mentre Ian, novello Harry Potter, sviluppa poteri e magie finora solo teorizzate.
Eppure, partendo da una trama semplice, Pixar riesce come sempre a scatenare dei vulcani emotivi che le altre case produttrici, senza offesa, evitano accuratamente.
Concludendo
Un film delicato, molto intenso, che prosegue la filosofia di Toy Story 4 nel trattare grandi tempi con l’animazione computerizzata.
Il padre di questo film ricorda tanto il padre di Riley in Inside Out, come la madre dei due fratelli ricorda la signora pacioccona già vista nella madre della gioiosa bimba che incassa l’eredità di Andy in Toy Story 3.
Probabilmente alla Pixar riciclano e adattano modelli da altri film, come fece Disney con molti personaggi per sfruttare gli stessi schemi morfologici e azioni quando ballano, cantano e ridono.
Dopo un po’ ci si scorda di vivere in una città di mostri e si entra nella storia, condividendo con il protagonista il dramma di non aver conosciuto il genitore quand’era in vita.
Tuttavia la madre, che saltellando sul drago spacciandosi per super-eroina (fatto vero e dimostrato, le madri sono eroine silenziose) per aiutare il figlio a ricongiungersi con il padre è notevole.
Anche la riflessione finale del protagonista quando, dopo aver tanto cercato, ha capito che la persona speciale che stava cercando era già vicina a lui, merita tanti spunti di riflessione e commozione a badilate.
Un film da vedere (e rivedere) in famiglia, per riscoprire valori genuini divertendosi (nei vari intermezzi).
Solo per questo film varrebbe la pena stipulare l’abbonamento a Disney +, veramente molto bravi.
Voto: 9/10
Marco
Screenshots utilizzati a scopo illustrativo by Pixar.
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