Una tastiera come tavolozza, la fantasia come tela

Natale in Sudafrica

Natale In Sud Africa

Non avendo visto questo “capolavoro” al cinema ho ripiegato sulla sua immediata uscita al noleggio. Dopo aver visto le numerose sodomizzazioni di Boldi di A Natale mi sposo credevo che con Neri Parenti il livello sarebbe stato più raffinato. Varrà i due euro spesi al videonoleggio sotto casa? Buona lettura!

Paragoni illustri
Se nel film concorrente A Natale mi sposo c’è Boldi che vive facendosi sodomizzare a pecorella e continua a farsi venire le tachicardie parlando in milanese qui la situazione non cambia: non assistiamo a inchiappettate selvagge ma la comicità rimane a livello di prima elementare.

Battute scontate prese in saldo dai tempi delle scuole primarie e un cast che non riesce a mettere in piedi una storia credibile, nonostante sia di buon livello. Si capisce che questi personaggi sono stati deportati nel Sudafrica in modo totalmente casuale e senza un vero motivo, gli unici che riescono a tenere veramente la parte sono Max Tortora e Serena Autieri.

Sensazione di dèja-vu
Panariello rispolvera il suo personaggio del Pio Bove qui chiamato Ligabue (e sul gioco basato sul nome stendiamo una tovaglia pietosa) e fa il toscano cafone, Ghini il chirurgo talpa che non vede una benemerita mazza e Bèlèn fa l’entomologa che sfotte questi due caciottari fiorentini (il che, passatemelo, è tutto dire). Farsi sfottere da Bèlèn è come sparare sulla Croce Rossa.

Nel cast nutrito troviamo anche un De Sica spento, qui spogliato del suo ruolo di donnaiolo e rivestito come pessimo imprenditore che deve cercare di non andare a fondo; a fargli compagnia Laura Esquivel del Mondo di Patty, che se fosse rimasta in Spagna avrebbe fatto un piacere ad entrambe le nazioni, visto la sua recitazione scolastica e impostata. Probabilmente va bene per eccitare i pre-adolescenti Disney, ma in un film del genere è fuori luogo.

Effetti speciali (?!)
Quando le cose non si sanno fare converrebbe star fermi e concentrarsi sui propri punti di forza (o delegarli a terzi con società di sviluppo indipendenti).

In questa pellicola invece siamo costretti a subirci una sigletta iniziale con un’animazione 3D semplicemente penosa, con questi elefanti che annusano le flatulenze del compagno di cordata e hanno movimenti meccanici visibili da un chilometro. Sembra di rivedere le animazioni sincopate 3D anni 2000 degli spot che proponevano servizi a valore aggiunto per telefonini.

Stessa cosa all’interno del film: ad un certo punto De Sica e Tortora afferrano un biscione talmente finto che se ne sarebbe accorta pure mia nonna che sono vent’anni che non mette piede in un cinema.

Ancora di salvataggio?
Il vero problema che sottende a questa pellicola è la mancanza di idee e il riciclaggio di gag da asilo nido, il livello verbale che tanto caratterizza l’humour italiano viene usato per riproporre battute impolverate che ormai fanno ridere giusto i bambini.

Gli attori, presi singolarmente, non sono male ma il mix è stridente e inconcludente, non ha una sua armonia e non regala quelle sane risate di pancia che hanno inaugurato questa serie, come il primo Vacanze di Natale.

E la comicità italiana?
Sembra incredibile ma nemmeno unendo questi due film di Natale ne sarebbe uscito uno decente all’altezza degli anni precedenti.

Il film migliore (per critica e incassi) è stato l’unico che ha deciso di non schierarsi sotto il panettone ovvero Che bella giornata di Checco Zalone, uscito il 5 gennaio. Battute fulminee e brucianti, situazioni equivoche e un sapore di Puglia che riesce a rendere il Sud simpatico anche se viene ironizzato.

Nonostante riproponga situazioni già viste riesce ad attualizzarle con gag che bruciano la scena e tolgono il respiro dalle risate per via del ritmo incalzante e della ferocia con cui vengono inanellate.

Forse i Vanzina e Neri Parenti dovrebbero fare ammenda e consultarsi con Gennaro Nunziante; a quanto pare ha più cose da dire lui con un attore unico rispetto a loro che possono contare su cast sempre rinfoltito da nuove entrate.

Nunziante ci sta insegnando che se ironizzi su temi pesanti hai ancora qualcosa da dire, se ironizzi sul nulla sei condannato alla morte cinematografica.

Aggiornatevi, zio assassino, che la concorrenza incombe.

Voto: 2/10

Marco

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